Disprassia

Sommario

La disprassia è la situazione in cui la persona interessata (bambino o adulto) può avere difficoltà meccaniche a fare le cose più semplici. Nel parlato oppure nei movimenti.

Disprassia: di cosa si tratta

“Suo figlio è pigro, maldestro, e quando gli parli non ti guarda mai negli occhi!”. Questo è un commento tipico che il genitore di un bambino affetto da disprassia è ormai abituato a sentirsi dire. Un commento brutale, per certi versi, e doloroso.

Per quanto ormai ampiamente studiata, la disprassia è ancora un disturbo perlo più inspiegabile e dalle cause sconosciute. Come spesso accade per i disturbi motori e cognitivi, il rischio di ignorarla durante l’età infantile è molto alto, e per questo si rendono necessari degli strumenti adeguati di formazione dei genitori.

Quel che va detto come premessa è che chi deve convivere con la disprassia non ha un disturbo di tipo intellettivo, e spesso – anzi – ha un quoziente intellettivo pari o superiore alla norma.

Iniziamo quindi dalla definizione corretta di disprassia.

Che cos’è la disprassia?

La disprassia è un disturbo motorio e verbale, congenito o acquisito, che si osserva a partire da una catena di sintomi. Il termine “disprassia” è greco e significa letteralmente “azioni svolte in modo sbagliato”.

Le azioni in esame riguardano movimento fino motori e grosso motori, e per questo spesso il termine “disprassia” è considerato intercambiabile con quello di “disturbo della coordinazione motoria”. In realtà, è più corretto dire che la disprassia fa parte dei disturbi della Coordinazione Motoria di tipo DCD (Developmental Coordination Disorder).

In sostanza, la disprassia impedisce di pianificare, svolgere e portare a termine correttamente un’azione o una catena di azionicon tutte le conseguenze che questo comporta a livello di autostima, disturbo di deficit dell’attenzione, mutismo selettivo e altri.

Un indizio: le tappe di sviluppo cognitivo “normali”

I bambini hanno delle tappe di sviluppo cognitivo e motorio considerate “normali”, come imparare a gattonare, parlare, allacciarsi le scarpe e andare in bicicletta. Un bambino affetto da disprassia spesso si trova ad arrivare con i suoi tempi a queste conquiste cognitive. Questo implica che impari a vestirsi da solo un po’ dopo gli altri bambini, e sempre con un grande sforzo.

Delle differenze specifiche della disprassia nei bambini e negli adulti parleremo nei prossimi paragrafi. Quel che accomuna gli individui disprassici, e che potrebbe essere vista come vera definizione della sindrome, è la latenza tra l’idea che l’individuo ha dell’azione e la realizzazione dell’azione nella pratica.

Questo disturbo merita di essere riconosciuto, perché a oggi non si conosce una cura, anche perché è un modo d’essere che plasma l’identità unica e irripetibile dell’individuo. La disprassia ci accompagna quindi per tutta la vita, ci sono però diversi ottimi esercizi che favoriscono la corretta gestione dei sintomi e dello sviluppo motorio e leniscono la scarsa stima in sé stessi che spesso si associa alle persone che mostrano segnali di disprassia.

I tipi di disprassia

A seconda dei sintomi, che analizzeremo meglio nel prossimo paragrafo, si possono osservare diversi tipi di disprassia. Quella su cui ci focalizzeremo in questo articolo è la disprassia primaria, non legata a disturbi neurologici e che si manifesta per cause che non sono ancora state isolate.

C’è poi una disprassia secondaria, intesa come conseguenza di un trauma o di un’altra patologia, come la sindrome di Down o l’autismo.

In base ai suoi sintomi si può scegliere di suddividere la disprassia in diversi tipi.

Si comincia con la disprassia motoria, che riguarda la capacità di svolgere alcune azioni fisiche, come attività sportive, ma anche la scrittura. Quando la difficoltà è nel camminare, si parla di disprassia deambulatoria, mentre se riguarda solo azioni ripetute nel tempo e continue, è melocinetica. Se invece il disagio più specifico riguarda la programmazione e poi messa in pratica di un movimento, parliamo di disprassia ideativa, mentre è costruttivase il problema è la posizione degli oggetti nello spazio e il movimento in relazione ad essi.

C’è poi la disprassia verbale, che riguarda solo la difficoltà di articolazione della parola o di ragionamenti lunghi e complessi.

Una disprassia oculare porta invece alla difficoltà nel muovere lo sguardo in una direzione prestabilita, quella dell’abbigliamento si concentra sull’impaccio nel vestirsi e nell’organizzare il proprio vestiario in modo appropriato.

C’è infine una sfumatura di questo disturbo che riguarda l’incapacità di esprimere le emozioni con la mimica facciale: la disprassia espressiva.

Non è necessario che la diagnosi di disprassia riguardi un solo tipo, diciamo che sapere su quale categoria di azioni bisogna esercitarsi può aiutare molto l’attività terapeutica.

È però importante mantenersi speranzosi e non lasciarsi soverchiare dalle definizioni: per tutti questi tipi esiste un percorso terapeutico.

Sintomi principali della disprassia

Nei bambini

La disprassia può dare mostra di sé anche nei neonati, che manifestano sintomi come:

  • Difficoltà di suzione
  • Difficoltà nel mantenere una posizione dritta
  • Lentezza nell’imparare il rotolamento e gattonamento
  • Estrema sensibilità ai rumori forti.

Nei bambini in età scolare il confronto con i coetanei rende spesso più evidenti altre difficoltà, come:

  • Incapacità di vestirsi e lavarsi da soli, e in generale di prendersi cura di sé
  • Goffaggine nei movimenti
  • Camminata irregolare
  • Posture insolite
  • Scarso equilibrio
  • Irritabilità
  • Difficoltà a mantenere il contatto visivo
  • Difficoltà ad articolare frasi e discorsi lunghi.

Questi sintomi, che spaziano dal grosso motorio al fino motorio, possono poi portare il bambino a una serie di difficoltà che gli rendono ardua la frequenza scolastica, come:

  • Disgrafia
  • Problemi nel ricordare le istruzioni per svolgere un compito
  • Difficoltà nel pianificare le attività
  • Ritardi nell’apprendimento.

Negli adulti

L’adulto che non ha riconosciuto e adeguatamente gestito la propria difficoltà di coordinazione motoria potrebbe portare con sé non solo le lacune dello sviluppo motorio sopra elencate. Potrebbe anche ritrovarsi a gestire un accumulo di frustrazione, di rabbia repressa e di difficoltà nella socializzazione con i coetanei.

 Gli adulti con disprassia possono manifestare sintomi grosso motori e fino motori come:

  • Scarsa coordinazione oculo manuale
  • Scarsa coordinazione motoria: ad esempio, lasciar penzolare le braccia durante la corsa
  • Inciampi frequenti e problemi con l’utilizzo di oggetti in generale
  • Difficoltà alla guida
  • Incapacità di seguire il ritmo della musica
  • Difficoltà nell’afferrare e usare gli oggetti
  • Difficoltà nel parlare e nell’articolare concetti complessi
  • Problemi di concentrazione.

D’altro canto, un adulto che non ha mai gestito la propria disprassia, e magari nemmeno è consapevole di averla, potrebbe andare ad aggravare una serie di effetti psicologici, come:

  • Abitudine a fraintendere gli altri, perché si tende ad interpretare le istruzioni o i dialoghi troppo alla lettera
  • Tendenza a rigettare i compiti considerati troppo difficili
  • Ansia
  • Scatti d’ira
  • Frustrazione
  • Sbalzi d’umore.

È evidente che gestire la disprassia diventa fondamentale, soprattutto se viene individuata in età precoce.

Disprassia e altre condizioni

Molti comportamenti tipici della disprassia sono simili ai sintomi di altri disturbi cognitivi e dello sviluppo. Confondere queste reazioni è quindi possibile, anche se può capitare che ci sia una reale associazione – nell’individuo disprassico – con altre difficoltà o disturbi cognitivi.

A questo punto risulta chiaro che una diagnosi professionale è fondamentale, come anche la cautela nell’isolare i sintomi e nell’attribuirli al disturbo corretto.

I disturbi cognitivi con sintomi simili alla disprassia e che spesso le si associano sono:

Disprassia o aprassia? Le differenze principali

Uno degli errori più comuni che si possono fare quando si parla di disprassia è quello di confonderla con l’aprassia.

L’aprassia è un disturbo neuro-psicologico acquisito, che riguarda il movimento volontario.

Il soggetto aprassico improvvisamente smette di compiere correttamente un’azione che aveva già acquisito e padroneggiava. La differenza principale rispetto alla disprassia è che l’aprassia è diretta conseguenza di un evento traumatico, e impedisce di compiere il movimento. Invece il soggetto disprassico riesce a compiere il movimento, ma con goffaggine, o difficoltà, o più lentamente dei coetanei o degli individui di pari sviluppo cognitivo.

Ci sono diversi tipi di aprassia, e quando questa riguarda i movimenti grosso motori e fino motori o la pianificazione e l’articolazione delle parole, può avere sintomi simili a quelli della disprassia.

Cause della disprassia

In alcuni casi la disprassia è direttamente generata da un trauma fisico o psicologico, ma più spesso si tratta di un disturbo congenito, presente fin dalla prima infanzia.

In quest’ultimo caso, le cause sono ignote.

È un disturbo che riguarda lo sviluppo dei neuroni, con una debolezza specifica nel collegamento tra gli stimoli neuronali e il resto del corpo. Tra le ipotesi in circolazione, per la disprassia verbale, c’è quella della mutazione del gene FOXP2, strettamente correlata allo sviluppo verbale. Ma in generale le cause rimangono perlopiù ignote.

Cause legate alla gravidanza

Si parla, come per molti altri disturbi cognitivi, di alcuni fattori di rischio legati alla gravidanza, tra cui:

  • nascita prematura
  • peso basso al momento della nascita
  • uso di droghe o alcol da parte della madre durante la gravidanza
  • familiarità con disturbi della coordinazione dello sviluppo.

Come trattare la disprassia

Come già accennato, la disprassia primaria non è curabile e rimane una compagna di vita. Per questo è molto importante riconoscere e isolare i sintomi in tempo, con l’aiuto di un professionista e individuare il trattamento corretto.

Per una piccola percentuale di bambini, alcuni sintomi precoci di disprassia si risolvono autonomamente durante la crescita e il problema non si ripropone.

Per tutti gli altri, le terapie di norma vertono intorno ad attività di autonomie, fino motorie e grosso motorie, che implicano la ripetizione di gesti e l’allenamento della facoltà debole.

Non è possibile generalizzare, perché si tratta di piani terapeutici studiati per l’individuo e pensati per la sua unicità.

Quali professionisti esperti in disprassia scegliere

Per quanto riguarda i bambini, ci si può rivolgere a psicoterapisti infantili, pediatri, psicologi dello sviluppo e terapisti della parola o del linguaggio, come i logopedisti o gli oculisti per la disprassia oculare.

In generale è consigliabile cercare specialisti nel disturbo della disprassia, o chiedere al professionista che si ha intenzione di consultare se ha un trattamento specifico per questo disturbo.

Oppure, molto spesso il vostro pediatra vi può consigliare.

Per gli adulti il discorso è più complesso, perché non si parla più di terapisti dello sviluppo, ma di una gestione del problema che limiti i disagi sul lungo termine e faciliti la convivenza con la disprassia. Quindi vanno bene gli psicologi e gli psicoterapisti, i logopedisti e gli oculisti.

Diagnosi della disprassia

Una volta contattato il professionista, questi verificherà alcuni parametri per valutare se si tratta di disprassia. Va detto che questa diagnosi è spesso temporanea, perché – come già detto – i sintomi della disprassia tendono a sovrapporsi a quelli di diversi altri disturbi neurologici o cognitivi.

Innanzi tutto, il terapista si farà raccontare la storia della famiglia, per escludere o includere la familiarità del disturbo. Quindi, si parlerà della gravidanza e delle primissime fasi dello sviluppo, alla ricerca di eventuali sintomi precoci dell’età neonatale.

In seguito, verrà richiesto all’individuo di svolgere alcuni compiti motori semplici e ripetuti, come toccarsi rapidamente un orecchio, oppure fare un puzzle o un gioco di coordinazione oculo manuale.

Oppure, si chiederà al soggetto di ripetere sequenze di frasi o rispondere a determinate domande.

Disprassia: come viverla al meglio

C’è un ampio ventaglio di casistiche, di sintomi diversi e di gravità degli stessi, quando si parla di disprassia. Ma non bisogna scoraggiarsi, soprattutto se la diagnosi è stata fatta in tempo e si sta iniziando un trattamento!

Molte persone hanno dovuto attraversare fasi di forte rifiuto durante l’infanzia: intensi scatti d’ira e spesso insegnanti che non hanno capito la loro fragilità, la loro diversità.

In fondo non si tratta di una patologia neurologica, ma di una diversità dell’apprendimento. Chi è disprassico ha un’intelligenza spesso nella media, o superiore alla media: quel che cambia è la modalità di manifestarla e la traduzione motoria e verbale di questa intelligenza.

Se siete genitori, il consiglio è quello di circondare il proprio figlio di figure che lo stimino, che lo motivino e gli dicano che non c’è nulla di male nel non saper tirare al canestro come gli altri o nel non capire subito le istruzioni di un gioco.

Qualcuno consiglia di frequentare un corso di teatro, per capire come muovere meglio il proprio corpo. Oppure, di prendere semplicemente le cose con calma, con più pazienza rispetto agli altri.

Le idee sono infinite, per chi è disprassico ma considera la propria difficoltà come un punto di forza e come uno stimolo costante al miglioramento personale. Non c’è alcuna condizione di inferiorità nella disprassia, tutt’altro: un individuo abituato a non arrendersi può persino sviluppare una maggiore resilienza rispetto agli altri.

La pratica costante dei propri esercizi e la fiducia in sé stessi portano le persone che convivono con la disprassia a una condizione di vita ottimale e perfettamente soddisfacente.

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