Un tempo considerato individualmente, oggi l’autismo è entrato a far parte di un macrogruppo di affezioni che prende il nome di “disturbi dello spettro autistico”.
Nella categoria vengono inscritti insieme al Disturbo Autistico, anche il Disturbo Pervasivo dello Sviluppo NAS (Non Altrimenti Specificato) e la Sindrome di Asperger.
Queste affezioni coinvolgono il neurosviluppo dell’individuo e si manifestano in età evolutiva coinvolgendo vari aspetti della vita personale, come quella legata al linguaggio, alla comunicazione e alle relazioni sociali, e può portare ad una limitazione degli interessi e ad assumere comportamenti ripetitivi e stereotipati.
All’interno di queste aree, l’autismo si sviluppa con sintomi molto variegati e in modalità che possono differire da persona a persona: da un lato c’è chi dimostra grandi difficoltà e ha bisogno dunque di supporto specialistico durante tutto l’arco dell’esistenza, dall’altro c’è chi riesce a condurre una vita indipendente, poiché i sintomi si manifestano soltanto a seguito di eventi particolarmente stressanti. Non manca poi chi è in grado di sviluppare capacità di alto livello: chi, con il termine inglese, viene definito gifted, ossia dotato.
Sebbene sia stata descritta per la prima volta negli anni Quaranta, ancora oggi abbiamo una carenza nelle informazioni sull’autismo, soprattutto legata alla mancanza di una o più cause specifiche e all’eterogeneità della sintomatologia. Quello che si sa è, come spiegato qui di seguito, che è un fenomeno in aumento.
I disturbi dello spettro autistico sono diffusi in tutti i Paesi del mondo e possono interessare qualsiasi nascituro, anche se si è notata una incidenza maggiore nei soggetti maschili rispetto a quelli femminili, in una proporzione di 4:1.
Inoltre non si tratta di una condizione rara a differenza di quello che si potrebbe pensare: questa credenza può essere giustificata in Italia da una carenza e disomogeneità nei dati pubblici che riguardano la condizione e che stimano che su un campione di 1000 bambini solo 3-4 di essi ne siano affetti. In verità la cifra reale risulta superiore ma, specialmente quando si tratta di casi che non hanno bisogno di particolare supporto, quello che viene a mancare è la diagnosi.
La maggior incidenza della patologia è stata dimostrata da uno studio svoltosi a livello globale nel 2016, che ha rivelato che ad essere interessata dall’autismo è l’1-2% della popolazione mondiale, ovvero 1 persona su 89.
Oltre ad essere più diffuso di quanto si creda, l’autismo mostra una tendenza alla crescita costante negli anni.
C’è da tenere conto che l’aumento delle cifre potrebbe essere correlato non tanto all’aumento reale dei casi, bensì a una maggiore consapevolezza della sua esistenza, a un cambio nei criteri che vengono presi in esame per giungere alla diagnosi, a un miglior accesso ai servizi competenti, e quindi alla possibilità di effettuare screening dello sviluppo cognitivo del bambino in età precoce e così arrivare a riscontrare tempestivamente la malattia.
Rimanendo in Italia, l’aumento nell’incidenza dei casi è dimostrato se mettiamo a confronto i dati raccolti nel 2014, che rivelano che 1 persona su 59 era coinvolta da autismo, e quelli del 2016 che hanno individuato 1 caso di autismo su 54.
Anche le indagini dell’ISTAT, che si svolgono annualmente all’interno degli istituti scolastici, sembrerebbero confermare che vi sia un incremento costante di bambini che soffrono di disturbi intellettivi, dello sviluppo e sensoriali. Vediamo ora quali sono i tratti che caratterizzano lo spettro autistico.
L’autismo mostra sintomi molto diversificati, che possono presentarsi in diverse fasi della vita e variare nel arco del tempo e nel grado di intensità con cui si manifestano.
Normalmente sono i genitori ad accorgersi quando i propri figli iniziano ad assumere comportamenti anomali, che nella maggior parte dei casi si palesano già nei primi 3 anni di età, consentendo così una diagnosi precoce; tuttavia, essi potrebbero anche comparire solo quando il bambino inizia a trovarsi a contatto con un ambiente che stimola eccessivamente le sue abilità, come ad esempio nel momento in cui inizia a frequentare la scuola.
Per questi motivi, possiamo dire che all’interno del quadro clinico dell’autismo si inscrivono persone dalle caratteristiche cliniche molto eterogenee, seppur alcune di esse siano generalmente condivise come la compromissione delle interazioni sociali e delle funzioni linguistiche e comunicative, la manifestazione di interessi limitati e l’adozione di comportamenti stereotipati e ripetitivi.
La disabilità intellettiva è presente solo nel 30% dei casi e si associa ad altri sintomi come l’instabilità motoria e dell’attenzione, problematiche comportamentali, ipersensibilità o iposensibilità ai suoni e agli altri sensi e un’elevata soglia del dolore. Ora andiamo ad analizzare i sintomi più nel dettaglio, suddividendoli per tipologia.
Mentre da una parte ci sono persone con autismo che mostrano totale disinteresse nello stringere rapporti con il mondo esterno e con gli individui che le circondano, dall’altra questo desiderio può essere presente ma l’atto di relazionarsi con gli altri avviene in maniera difficoltosa.
Un bambino manifesta normalmente interesse e curiosità nell’imitare il comportamento degli adulti già nel primo anno di vita, ad esempio ripetendo parole e azioni o imparando ad applaudire o a fare “ciao” con la manina.
Una riduzione o un’assenza di tentativi di imitazione e di riproduzione di gesti da parte del bambino potrebbero rappresentare una spia d’allarme che indica la presenza di disturbi del neurosviluppo: un bimbo con autismo, infatti, fatica a comprenderli e ad utilizzarli, così come fatica a interpretare il linguaggio paraverbale e il tono di voce.
Le anomalie nelle interazioni sociali riscontrabili dall’adulto già in tenera età possono avvenire poi anche quando il bambino inizia a relazionarsi con i suoi coetanei, attraverso l’incapacità di comprendere il significato del gioco simbolico (ossia di immaginazione) e dei giochi di gruppo tipici dell’infanzia (come il nascondino), con conseguente mancato interesse nel parteciparvi.
Il rapporto con i coetanei può risultare ulteriormente deteriorato dalle difficoltà che il bimbo che manifesta autismo dimostra nel momento in cui deve condividere qualcosa di suo con gli altri o quando deve rispettare il proprio turno; alcuni faticano molto ad apprendere e non sono in grado di cogliere l’ironia, il sarcasmo e di capire gli scherzi.
Come può risultare complessa la condivisione di oggetti concreti, così spesso è complicato per chi soffre di condizioni legate allo spettro autistico condividere i propri interessi e le proprie emozioni, non riuscendo a comunicare agli altri i propri stati d’animo e non riuscendo di riflesso a capire i sentimenti altrui. E’ complicato gestire emozioni complesse perché è complicato elaborare e rispondere a stimoli sociali complessi in genere. Pertanto, per le persone autistiche a volte non è solo impossibile parlare dei propri sentimenti, bensì anche intavolare e sostenere una conversazione. Possono mostrare disinteresse, ad esempio non rispondendo quando vengono chiamati o usando il linguaggio per fare richieste, per etichettare, ma non per commentare; possono parlare molto di ciò che gli piace invece di sostenere una conversazione basata sulla reciprocità e sulla condivisione.
La mancanza di interesse e di attenzione condivisa trapela anche dalla comunicazione paraverbale: non seguire lo sguardo dell’interlocutore oppure non indicare con il dito (quello che viene chiamato ‘pointing’) ne sono un’esemplificazione.
In più, la comunicazione paraverbale può risultare scarsamente integrata con quella verbale: le espressioni del viso e del corpo possono essere assenti o inadatte alla situazione; il soggetto potrebbe per esempio ridere dicendo qualcosa di triste o, comunque, non dimostrare la risposta emotiva che ci si aspetterebbe in un certo contesto.
L’assenza di espressività si ritrova in certi casi anche nel linguaggio, nell’uso di un tono monotono, robotico o cantato. Anche per quanto riguarda la componente linguistica, inoltre, l’eterogeneità di chi è affetto da autismo è veramente incredibile: da una parte ci sono persone che dimostrano difficoltà nel parlato, come invertendo i pronomi (ad esempio dicendo ‘tu’ al posto di ‘io’) o dando risposte che non sono inerenti alla domanda che gli viene posta; dall’altra c’è chi parla molto poco o non parla affatto; infine c’è chi impiega un linguaggio poco usuale o chi ha una destrezza di linguaggio fuori dalla norma (è il caso dei bambini che, invece di usare parole che si considererebbero normali per la loro età, sono capaci di esprimersi come piccoli adulti).
Un soggetto che manifesta sintomi dello spettro autistico spesso trova conforto in una routine poco convenzionale. L’esigenza che essa venga rispettata può rendere la vita di chi gli sta intorno molto stressante, ma evita che avvengano l’insorgenza di crisi e di perdita del controllo.
I comportamenti abitudinari sono dei rituali che appaiono strani o non necessari e che vengono rispettati in maniera molto rigida. Troviamo tra di essi il desiderio di mangiare sempre lo stesso alimento (c’è anche chi ingerisce materiali non edibili come terra o pietre), il bisogno di percorrere sempre la stessa strada, di guardare ripetutamente lo stesso video, o di osservare tutte le finestre di un edificio quando gli si passa davanti.
Il bisogno di reiterare certe azioni si manifesta anche nei movimenti del corpo, nella modalità in cui vengono usati gli oggetti e nel linguaggio: si parla di ‘stereotipie’ o di ‘autostimolazione’. Sono tipici comportamenti come agitare le mani, dondolare il corpo da una parte all’altra, girare in circolo; le ecolalie (ossia, la ripetizione incessante di parole o frasi), la disposizione di una serie di oggetti in fila, accendere e spegnere ripetutamente la luce e così via.
In condizione di autismo a volte si sviluppano interessi ristretti ed assorbenti e focalizzano la loro attenzione in maniera quasi ossessiva su determinati oggetti o parte di essi.
Interessi particolari e insoliti si possono rivolgere anche all’ambiente esterno, scatenando episodi di iper o ipoattività in risposta a stimoli sensoriali di vario tipo (visivi, tattili, gustativi, uditivi). In particolare, molte persone evitano il contatto visivo e sono estremamente sensibili al tatto, provando avversione verso certe azioni come quella di essere abbracciate. In altri casi, al contrario, sentono l’esigenza di toccare insistentemente un oggetto, di annusare qualcosa, oppure sono sovrastimolati da rumori e suoni comuni, al punto di provocare reazioni di panico. Infine, invece che essere iperstimolati, talvolta possono risultare insensibili alla temperatura e al dolore.
Non è raro che chi è interessato da disturbi dello spettro autistico trovi difficile addormentarsi o restare addormentato, o che sviluppi ansia e depressione scaturite dallo stress che vivere in un mondo interpretato in maniera errata e distorta può causare. In aggiunta, è possibile l’insorgenza di paure immotivate per oggetti o situazioni innocui, oppure l’assenza di paura di fronte a situazioni di evidente pericolo.
Al giorno d’oggi, le cause dell’autismo non sono purtroppo ancora note. Quello che si sa è che, vista l’eterogeneità delle persone che ne sono affette e dei sintomi, esso possa non dipendere da una sola causa ma da cause diverse in correlazione fra di loro. Vediamole.
Una prima causa viene identificata nella predisposizione genetica del soggetto, legata a una mutazione di specifici geni ereditata dai genitori o meno. La mutazione avviene in più geni diversi (si stima che ne siano coinvolti più di 100) e in combinazioni a loro volta diverse, in grado di aumentare la propensione a sviluppare la condizione, di provocare sintomi specifici dello spettro autistico e di caratterizzarne la gravità.
Sebbene non vi siano ancora prove scientifiche a riguardo, si suppone che anche specifici fattori ambientali possano condurre allo sviluppo di tale condizione, però solo qualora sia presente una predisposizione genetica. Questo significa che nessun fattore ambientale da solo può provocare l’autismo, ma solo che vi possano essere eventi scatenanti, come l’esposizione a sostanze tossiche, chimiche, o virali, forti stress subiti durante la gestazione, abitudini alimentari o stile di vita scorretti e via trascorrendo.
E’ importante sottolineare che, comunque, non sempre la sussistenza di mutazioni genetiche e l’influenza di certi fattori ambientali causano il disturbo: esistono persone che, seppur in presenza dell’una o dell’altra condizione, non sviluppano disturbi dello spettro autistico.
Mentre le certezze sul ruolo rivestito dei fattori ambientali sono poche, piùevidente sembrerebbe essere quello rivestito da determinati fattori fisici, attinenti allo sviluppo cerebrale. Mediante varie tecniche di indagine, sono state rilevate negli individui con autismo minori connessioni neurali a livello interemisferico a medio e lungo raggio. Inoltre, è stata notata una connessione fra autismo ed epilessia, sebbene non tutti gli individui interessati da autismo sviluppino contemporaneamente problematiche legate a quest’ultima.
Altri fattori presi in esame includono la ridotta o eccessiva crescita di certe aree del cervello, problemi metabolici e nel sistema immunitario, ma anche in questo caso nulla è confermato.
Attualmente, non esistono test genetici per diagnosticare una predisposizione all’autismo. Nonostante ciò, la scienza si sta muovendo in questa direzione e sembra aver raggiunto risultati promettenti, che attendono di essere confermati in futuro.
Nel frattempo, l’unico modo per individuarlo resta quello di rilevare la presenza o assenza dei sintomi tipici. La diagnosi non è sempre facile perché i bambini hanno ritmi di crescita propri e al giorno d’oggi essa avviene ancora relativamente tardi (intorno ai 3-4 anni di età).
Tuttavia, esistono alcuni parametri di progresso specifici per ogni età che sono impiegati per misurare l’evoluzione sociale ed emozionale di un bambino nei primi anni di vita, e che permettono di individuare la presenza della malattia tra i 12-24 mesi di età (ma anche prima se il ritardo nello sviluppo è grave, o dopo se i sintomi sono lievi).
La diagnosi precoce è fondamentale per intervenire tempestivamente sui processi di sviluppo in fase evolutiva. Gli studi hanno dimostrato che a una diagnosi precoce sono associati miglioramenti nel comportamento adattivo, nell’area del linguaggio e della comunicazione sociale, nell’area cognitiva e nelle abilità di vita quotidiana.
La valutazione avviene solitamente in tre momenti distinti: a 9 mesi, a 18 mesi e a 24/30 mesi. Il medico osserva se l’evoluzione del bimbo stia avvenendo secondo i tempi previsti, sta attento a come parla, gioca, si comporta, si muove, impara. Nel caso di sospetta presenza della condizione, viene effettuata una valutazione diagnostica integrale, che si basa sulla collaborazione fra diversi specialisti (tra cui neurologi, psicologi e logopedisti), sulla realizzazione di più esami (dell’udito, della vista, neurologici, genetici, etc.), sulla misurazione del quoziente intellettivo messo a confronto con i valori medi, e sulla valutazione funzionale, in grado di cogliere i punti di forza e di debolezza del bambino e di studiare un intervento basato sui suoi bisogni specifici.
Una volta che viene individuata la presenza della condizione, si inizia a procedere con il suo trattamento.
L’autismo è uno stato che accompagna la persona interessata per tutta la vita: tuttavia esistono trattamenti che, associati fra loro, sono in grado di migliorare notevolmente il tenore di vita di chi ne è affetto e di chi gli sta intorno.
Le terapie sono di tre tipi:
La terapia cognitivo-comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale è probabilmente la più importante. Si svolge in più fasi, concentrandosi sia sulla sfera emotiva sia su quella cognitiva dell’individuo.
L’obiettivo generale è quello di educarlo a diventare maggiormente consapevole dei suoi pensieri e della sua visione del mondo, talvolta sbagliata o distorta, e di correggerla per fare in modo che egli inizi a comprendere meglio il comportamento degli altri e il funzionamento delle relazioni sociali.
Si cerca di trasmettere alla persona abilità comportamentali, cognitive ed emotive in grado di modificare pensieri e comportamenti che causano stati d’animo negativi come ansia, rabbia o stress.
Si tenta di ridurre i comportamenti disfunzionali e di trasformarli per renderli funzionali alle attività di tutti i giorni (per esempio comportamenti riguardanti la corretta igiene e l’alimentazione), di educarlo dal punto di vista emotivo, e di risolvere eventuali disturbi del sonno.
La terapia farmacologica
La terapia farmacologica non va ad agire direttamente sui disturbi dello spettro autistico ma sulle problematiche che possono insorgere in relazione ad essi, come ansia, stress, depressione ed epilessia.
Tuttavia, i farmaci da soli non sono efficaci e spesso mostrano effetti avversi, motivo per il quale è sempre meglio preferire altri tipi di intervento, come avviare cambiamenti negli ambienti quotidiani o nelle abitudini.
Il ‘Parent Training
Agire esclusivamente sul bambino affetto da autismo non è la soluzione giusta, dal momento che un ruolo chiave è rivestito dai genitori. Il ‘Parent Training’ è un intervento di tipo psicologico che aiuta i genitori di bambini affetti da disturbi funzionali e della sfera psichica nel processo educativo, riabilitativo e psicoterapeutico. Li porta a comprendere meglio come interagire con loro, come supportarne lo sviluppo e favorirne il benessere emotivo.
Per di più, ricordiamo che è solo grazie ai genitori che al figlio può essere garantito l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari e possono essere offerti ambienti stimolanti in cui il loro piccolo si può muovere, può apprendere e crescere.
Abbiamo visto come l’autismo sia una condizione estremamente singolare e ricca di peculiarità: ogni caso si manifesta in maniera totalmente differenziata rispetto ad un altro e questo ne determina l’incredibile unicità. Con il tempo si progredisce sempre piùnella sua conoscenza, e così si fanno passi da gigante anche nell’affrontare quello che non è un vero e proprio problema, bensì una situazione. Situazione in cui i genitori hanno un ruolo essenziale di supporto e di guida per individui così speciali. Tutto quello che serve è assumere consapevolezza ed intraprendere giusti percorsi di educazione per vivere una vita serena insieme, ricca di amore.
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