“Che lavoro vuoi fare da grande?” è una domanda familiare e piuttosto innocua a cui si viene esposti abitualmente quando si è bambini. Genitori, amici di famiglia e insegnanti ascoltano con indulgenza chi replica “l’astronauta”, “l’inventore” o “la detective” e ridono quando qualcuno risponde con un elenco dei mestieri più disparati, quasi opposti tra loro. Se quando si è piccoli si afferma con serietà che si vuole diventare “uno scrittore, ma anche un biologo e uno chef stellato”, non si viene presi troppo sul serio e si viene considerati solo un po’ curiosi.
Se però questa stravaganza, che si manifesta nella prima infanzia, persiste nel tempo, può cominciare ad essere giudicata come un aspetto negativo della personalità di un individuo. Uno studente che non si specializza in qualcosa viene definito un eterno indeciso, oppure qualcuno che vuole far tutto ma non si impegna in nulla. In età adulta, quindi, il desiderio di avere molte conoscenze rischia di trasformarsi in un serio ostacolo nella vita di tutti i giorni, nella ricerca di un lavoro stabile e, soprattutto, nell’affermazione del sé.
Come mai? Dopotutto è bello avere molti interessi. Purtroppo la cultura moderna, in particolar modo quella occidentale, tende a inserire gli individui in precise categorie, premiando chi è “definibile” e punendo coloro che vogliono prendere più strade contemporaneamente, che vengono etichettati come poco seri. E il bambino curioso, con il passare degli anni, interiorizza questa designazione e perde la motivazione, oppure comincia a sentirsi inadeguato e a sviluppare difficoltà emozionali e comportamentali.
È una scorrettezza sociale l’operazione quasi inconscia di strozzamento della curiosità e del talento individuale. Non si tratta, infatti, sempre di svogliatezza o indecisione ma di multipotenziale. Di cosa si tratta?
Se in molte cose la civiltà attuale si è evoluta e permette una maggiore libertà di espressione, in altre è rimasta ferma, talvolta è addirittura regredita. È il caso, per esempio, del trattamento che ricevono gli individui che, alla specializzazione, preferiscono l’approfondimento dello studio in più campi. Considerati poco attenti e volubili, gli adulti che non si fermano al loro mestiere e hanno il desiderio di ampliare i propri orizzonti, spesso nel loro percorso di crescita non ricevono fiducia, comprensione e opportunità e sono costretti a “farsi da soli”.
I tempi antichi erano decisamente diversi. L’Italia del Rinascimento apprezzava le persone che mostravano talenti in più campi, artistici, letterari o matematici che fossero; anzi, promuovevano la ricerca del sapere ed erano stati capaci di abbattere barriere sociali e mentali che oggi sembrano insormontabili. Il grande problema della contemporaneità è che c’è troppa tendenza all’omologazione a 360°. Se il diverso ha sempre fatto paura, oggi il terrore delle “cose che sfuggono al controllo” è diventato malato, appiattendo i modi di comportarsi, di pensare e di vivere. In questo contesto la persona multipotenziale si muove come un pesce fuor d’acqua e, quando non viene supportata e non comprende da sola che il suo non è un problema, tende a sviluppare delle difficoltà interiori e di socializzazione che non le permettono di completarsi e affermarsi come individuo.
Non necessariamente tutti hanno una sola vocazione ed è giusto permettere ai bambini di dedicarsi alle loro passioni, naturalmente dedicando loro una particolare cura e guidandoli nel percorso educativo. Lo stesso vale per gli adulti, che non devono essere giudicati perché operano in più settori.
Se sei un genitore o un insegnante e noti che tuo figlio o uno scolaro sembra interessarsi a un argomento dopo l’altro, oppure si stufa facilmente e improvvisamente di un qualcosa che aveva amato fino a poco prima, forse sei di fronte ad un multipotenziale.
Talvolta si può scambiare la multipotenzialità con deficit dell’attenzione oppure con l’autismo ad alto funzionamento. In realtà ci sono dei segnali precisi che permettono ad un adulto di riconoscere un bambino multipotenziale. Il primo è l’apprendimento rapido. Questa caratteristica lo distingue dagli studenti svogliati; infatti coloro che sono attratti dalla conoscenza di più cose concentrano tutti loro stessi nello studio della disciplina scelta. La passione è il loro carburante e non hanno paura di sbagliare perché si approcciano agli argomenti per interiorizzare cose nuove, quindi sono un po’ come degli eterni principianti.
Il secondo elemento è la capacità di sintesi. Un alunno multipotenziale, grazie alle sue conoscenze variegate e approfondite, è in grado di legare e integrare le idee e fare associazioni quasi impossibili per coloro che si specializzano in un solo studio. Partendo da queste basi sono poi capaci di realizzare progetti completamente originali e innovativi.
Il terzo fattore è legato in particolare all’adulto multipotenziale; si tratta dell’adattabilità. Avendo particolare facilità nel cominciare qualsiasi cosa “da zero”, e con un vasto e interessante bagaglio di esperienze e saperi interiorizzati negli anni, queste persone hanno le abilità nel ricoprire ruoli differenti senza particolari problemi. Sarebbero quindi delle preziose risorse per aziende o società che necessitano di lavoratori competenti e con molte skill. Sempre per quanto riguarda la sfera professionale, l’individuo multipotenziale, abituato a saltare da un tema all’altro e a legarli tra loro, è più attento nell’osservare le cose “da lontano” e di capire il “big picture”.
Infine non bisogna dimenticare le capacità relazionali, che sono più evidenti negli adulti. Infatti, studiando in diversi settori, si riescono a conoscere e unire non solo le idee ma anche le persone. Oltretutto la curiosità innata li rende degli ottimi ascoltatori.
Sono stati appena citati tutti i vantaggi che può avere un individuo multipotenziale. Sfortunatamente, come accennato in precedenza, queste persone talentuose incontrano nel loro cammino degli ostacoli dovuti a fattori ambientali e sociali. Primo tra questi è l’autostima. Se fin da bambini si è circondati da adulti e da coetanei che non fanno altro che ricordare che si è diversi, disattenti e senza uno scopo, è piuttosto normale crescere sviluppando complessi di inferiorità e molteplici insicurezze. “Io sono il mio peggior nemico” è una frase che rappresenta esattamente il giovane o l’adulto che, per paura di non saper fare o per la convinzione di essere inadeguato, frena il proprio talento e si limita a vivere una vita grigia e senza sogni.
La seconda debolezza è la produttività. La persona multipotenziale tende a perdere l’interesse in qualcosa quando si accorge di aver raggiunto un livello di conoscenza adeguato (o di aver dato risposta alle proprie domande), oppure quando scopre una nuova passione. Questo comportamento viene usualmente frainteso ma, effettivamente, i risultati concreti si dimostrano inferiori rispetto all’impegno messo e al sapere ottenuto. Questo perché il multipotenziale, specialmente il bambino, ha troppe informazioni da raccogliere e la sua attenzione viene chiamata prima da una cosa e subito dopo dall’altra.
Infine è da citare, per l’adulto, la ricerca del lavoro. Sembra assurdo che un individuo competente in vari campi non riesca a ricoprire il ruolo che desidera. In realtà è proprio questo il problema, perché di solito quando si prende una strada e si sceglie una professione, si fa lo stesso mestiere per tutta la vita; un destino terribile per la persona multipotenziale.
Per evitare che i bambini multipotenziali crescano con una bassa autostima (che comporta notevoli difficoltà sociali), abbiano difficoltà a portare a termine i compiti e gli obiettivi predisposti e non trovino i lavori dei loro sogni una volta adulti, è necessario che le figure educative, ovvero genitori, insegnanti e psicologi, si approccino a questa molteplicità di talenti con attenzione e apertura.
In primis è importante osservare e seguire lo studente nel suo percorso, dialogare per comprendere i suoi stati d’animo e i suoi timori nei confronti del concetto “cosa vuoi fare da grande?”. La pianificazione della carriera è un vero è proprio mostro nell’armadio, in particolare per l’adolescente, ed è fondamentale fargli capire che la multipotenzialità è un valore aggiuntoe non un problema. Attraverso un’educazione adeguata a scuola e in famiglia, la persona multipotenziale riuscirà ad accettarsi e a non abbattersi, ottenendo degli ottimi risultati. A questo proposito sono da consigliare alcune letture interessanti; la prima, da fare insieme ai bambini, è “Emozionario. Dimmi cosa senti” di Cristina Núñez Pereira, edito per Nord-Sud. La seconda è invece “Diventa Chi Sei” di Emilie Wapnick, pubblicato da Edizioni Crisalide.
Un secondo modo per supportare un multipotenziale (o aiutarti se lo sei tu stesso) è quello di fargli scoprire e comprendere i propri talenti. Solo conoscendo se stessi si riusciranno a superare gli ostacoli della vita. Una delle qualità di chi è multipotenziale è proprio la capacità di unire le idee e le situazioni. Questo concetto si può usare anche in ambito professionale, in modo da integrare e contestualizzare le proprie aspirazioni.
Per concludere suggeriamo libri dai quali giovani e adulti con multipotenzialità possono trarre spunto. Il primo è l’opera di Fabio Mercanti, “Multipotenziali. Chi sono e come cambieranno il mondo del lavoro”, edito da Ultra. Ci si può far ispirare anche da “The Renaissance Soul”, di Margaret Lobenstine, che riprende la tematica dello studioso rinascimentale accennata all’inizio di questo articolo.
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